La piccola casa di ricovero adesso è grande
Istituita da monsignor Marangoni in ristrettezze nel 1926, ora è una struttura di eccellenza e ha una nuova ala intitolata a Santa Maria Bertilla.
Chissà se monsignor Alessandro Marangoni, quando nel 1926 l’ha aperta, avrebbe mai pensato che quella «casa di ricovero» istituita in ristrettezza economica dalla parrocchia nella villa Portalupi, sarebbe poi diventata una delle strutture di eccellenza del Veronese. Perché tale è, oggi, la Fondazione Monsignor Marangoni di Colognola, come è stato sottolineato a più voci durante l’inaugurazione della nuova ala dell’istituto intitolata a Santa Maria Bertilla. Si è concluso infatti l’ultimo stralcio dei lavori che hanno consegnato agli anziani e alla comunità uno stabile completamente ristrutturato, moderno e più sicuro, come ha spiegato l’architetto Piero Rodighiero che ha seguito l’intervento di adeguamento alla normativa su sicurezza, antincendio, antisismica e standard strutturali oltre al restauro e risanamento conservativo delle facciate esterne del palazzo. Si è provveduto anche alla riqualificazione energetica, a una nuova distribuzione dei locali al piano terra ricavando ulteriori spazi, e al rifacimento degli impianti. Insomma, come ha rimarcato Tomas Chiaramonte, direttore della Fondazione «è stato restituito al cuore di Colognola e alla Val d’Illasi un vero gioiello». Un’oasi di benessere incentrata sulla cura della persona a tutti i livelli, tanto che si attua la terapia multisensoriale con metodo Snoezelen e si tengono in forma il corpo in una palestra moderna e la mente anche con il book-crossing, una sala biblioteca e uno spazio mostre. A trarne beneficio, in primis, sono gli ospiti ma pure il territorio perché, ha spiegato Chiaramonte, «ci sono idee e nuove progettualità per ampliare servizi e ambienti a beneficio di tutta la comunità e dell’Ulss, basti pensare che la cucina sforna tutti i giorni il 70 per cento del cibo per realtà esterne e anziani sul territorio». Il direttore ha precisato che i risultati raggiunti sono frutto di un lavoro sinergico tra più enti e realtà (come Cariverona e Regione), evidenziando «l’impegno enorme messo dal Consiglio di amministrazione della Fondazione a partire da Antonio Colombari, consigliere delegato alla supervisione dei lavori, da quello del presidente don Agostino Martinelli, della vice Monica Caliaro e degli altri componenti Lorenzo Bellomi, Maurizio Tacchella, Stefano Cacciatori e Fabio Carpanè, che hanno svolto un servizio gratuito». Sono stati ricordati anche membri del passato che avevano seguito i lavori, quali Sergio Gambarotto, Elisabetta Elio e Luisella Zago. Lo stesso vescovo Giuseppe Zenti, intervenuto all’inaugurazione per impartire la benedizione, ha focalizzato l’attenzione sulla valenza umana di questa realtà. Si è intrattenuto con ospiti, familiari, operatori e autorità pregando e dialogando insieme. Numerosi i sacerdoti presenti, tra cui don Giampietro Fasani, presidente dell’Associazione diocesana opere assistenziali, che ha spiegato: «L’Adoa ha fatto risorgere alcune case di riposo e in parte anche la Marangoni. C’era bisogno di entrare in rete, di creare sinergie con il territorio. Le nostre case hanno una missione fondamentale che è il rispetto della persona». Al proposito l’assessore regionale al settore socio assistenziale Manuela Lanzarin, ha definito l’operato della Regione un «investimento sulle persone più fragili», definendole «patrimonio da custodire, anche perché ci sono sempre più persone sole bisognose di un’assistenza che vogliamo garantire puntualmente con servizi precisi e puntando sulla centralità dell’anziano. La Regione sta lavorando sul sistema per renderlo sempre più accessibile e sostenibile. Gli operatori sono una presenza importantissima perchè creano relazione, fondamentale in questi istituti». Su tale aspetto ha insistito anche il sindaco Claudio Carcereri de Prati: «Questa casa, con il target elevato che la caratterizza, testimonia il fatto che qui si opera con amore e solidarietà, con attenzione alla persona e alla sua dignità. Sono principi laici e religiosi, radicati nella comunità e in sintonia con la nostra tradizione cristiana». A questo si è ispirata anche l’intitolazione della nuova ala e della cappella della casa di riposo, dedicate a Santa Maria Bertilla. La superiora generale delle suore Dorotee di Vicenza, suor Maria Teresa Pena Toba, ha tracciato un profilo biografico della santa appartenente alla congregazione vicentina, ricordando che «le nostre suore sono state tra le fondatrici di quest’opera», risiedendovi fino al 1999 e operandovi fino al 2003. La congregazione ha donato un ritratto di santa Maria Bertilla esposto nella cappella. Nel pomeriggio è stata anche scoperta la targa originale che ricorda la donazione alla parrocchia da parte della vedova di Giovanni Glisenti, di alcuni spazi ora parte della residenza per anziani; l’iscrizione è stata collocata sull’altra ala dell’istituto intitolata proprio a Glisenti. Al taglio del nastro, avvenuto coinvolgendo gli stessi ospiti, erano presenti, tra gli altri, anche il consigliere regionale Stefano Valdegamberi, il consigliere provinciale Ilaria Cervato, l’assessore ai servizi sociali Giovanna Piubello, gli alpini e le suore della Compagnia di Maria dell’Istituto Fortunata Gresner del paese.
Fonte: L’Arena di Lunedì 18 Settembre 2017