VERONA. La disoccupazione di tanti giovani, per le società di oggi, è «un’ipoteca per il futuro». E chi opera nell’economia e nella finanza – un mondo nel quale oggi «solidarietà è quasi una parolaccia» – non deve diventare «schiavo» dell’«idolo denaro», ma farsi guidare da una «coscienza» che metta al centro la «dignità della persona»: proprio quella dignità che «cammina di pari passo» con il lavoro. Contiene un forte appello contro l’emarginazione di chi resta senza lavoro – anche con un sostegno esplicito al mondo della cooperazione come possibile risposta – il videomessaggio di papa Francesco trasmesso ieri sera nell’auditorium della Gran Guardia, in apertura del terzo Festival dellaDottrina Sociale della Chiesa.
Il Pontefice lancia nuovamente l’allarme contro l’esclusione di giovani e vecchi. «Un popolo che non ha cura dei giovani, dei vecchi non ha futuro», afferma. «Oggi i giovani e i vecchi vengono considerati scarti perchè non rispondono alle logiche produttive in una visione funzionalista della società, non rispondono ad alcun criterio utile di investimento», osserva il Papa. Invece, «non ci può essere sviluppo autentico, nè crescita armonica di una società se viene negata la forza dei giovani e la memoria dei vecchi».
E il dramma principale è proprio quello dell’altissima disoccupazione giovanile. «Pensiamo alla percentuale dei giovani che in questo momento sono senza lavoro – sottolinea il Papa: in alcuni Paesi si parla del 40 o più per cento di giovani senza lavoro. Questa è un’ipoteca, è un’ipoteca per un futuro. E se questo non si risolve presto, è la sicurezza di un futuro troppo debole o un non-futuro».
Francesco, anche a tale proposito, lancia un forte richiamo al mondo dell’economia e della finanza. «Occorre coraggio, un pensiero e la forza della fede per stare dentro il mercato, per stare dentro il mercato, guidati da una coscienza che mette al centro la dignità della persona, non l’idolo denaro», afferma. «Chi opera nell’economia e nella finanza – aggiunge – è sicuramente attratto dal profitto e se non sta attento, si mette a servire il profitto stesso, così diventa schiavo del denaro».
Secondo il Pontefice, la Dottrina sociale della Chiesa dev’essere una sorta di antidoto, che dia anche «la forza per promuovere con il lavoro una nuova giustizia sociale». Essa, ad esempio, «non sopporta che gli utili siano di chi produce e la questione sociale sia lasciata allo Stato o alle azioni di assistenza e di volontariato». Ed è qui che la «solidarietà» diventa una «parola-chiave», laddove «per l’economia e il mercato, solidarietà è quasi una parolaccia».
Il Papa ha parole positive, in particolare, per il mondo della cooperazione. «La solidarietà va applicata anche per garantire il lavoro», spiega, e «la cooperazione rappresenta un elemento importante per assicurare la pluralità di presenze tra i datori del mercato». Oggi essa «è oggetto di qualche incomprensione anche a livello europeo», ma Bergoglio ritiene che «non considerare attuale questa forma di presenza nel mondo produttivo costituisca un impoverimento che lascia spazio alle omologazioni e non promuove le differenze e l’identità».
Il Pontefice ricorda persino una conferenza fatta dal padre nel 1954 in Argentina – lui aveva 18 anni – «sul cooperativismo cristiano e da quel tempo io mi sono entusiasmato con questo, ho visto che quella era la strada». «È proprio la strada per una uguaglianza, ma non omogeneità – conclude -, una uguaglianza nelle differenze».
L’arena 22.11.2013
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Papa – L’economia rivaluti la solidarietà – L’arena 22.111.2013